INA CASA Tuscolano III

via Selinunte 49
Quartiere INA Casa – Unità di abitazione orizzontale
1950-1957
A.Libera

Nella Roma del dopoguerra, oltre alla disoccupazione e alla povertà, vi era un gravissimo problema di mancanza di alloggi. Ad aggravare la situazione fra il 1945 e il 1975 si aggiunse l’arrivo di circa 1.755.000 immigrati da tutta Italia; si stima che in quegli anni mancassero circa 107000 alloggi. Nel 1949 venne istituita l’INA Casa, che negli anni a venire si fece conoscere per essere un intervento statale efficace a risolvere l’emergenza abitativa, soprattutto per la sua solida organizzazione e per l’entità dei suoi finanziamenti.
Il piano INA Casa riguardò molte aree del Paese, ma fu applicato in maniera intensiva soprattutto nella Capitale. Nel primo piano settennale(1949-1956), l’INA Casa realizzò a Roma i quartieri Stella Polare ad Ostia, Valco San Paolo, il Tiburtino e il Tuscolano. Quest’ultimo fu tra i più vasti insediamenti INACasa in Italia e il più ampio a Roma.

L’intero Tuscolano fu costruito nel decennio fra il 1950 e il 1960 nel quadrante sud-est della città tra la via Tuscolana e l’area archeologica del Parco degli Acquedotti, su un’area di 35 ettari, di proprietà del marchese senatore democristiano Alessandro Gerini e della sorella Isabella (eredi di un ramo dei Torlonia), e chiamata Cecafumo per la presenza di un accecante fumo prodotto dai fuochi accesi in capanne e botteghe artigiane prive di un impianto di aerazione.
L’area appariva favorevole al nuovo piano di edificazione perché ben pianeggiante, scarsamente abitata e già servita dalle infrastrutture pubbliche, poiché in una posizione intermedia lungo l’asse della via Tuscolana tra la città vera e propria, che terminava alla Porta Furba e al Quadrarovecchio, e il recente centro cinematografico di Cinecittà.

Il Tuscolano è formato da tre nuclei indipendenti, per un totale di 112 fabbricati residenziali, che comprendono 3150 alloggi (17000 vani) per circa 18000 abitanti complessivi. I tre interventi presentano tra loro delle differenze: il Tuscolano I, mantiene un impianto tradizionale e cerca la varietà con la differenziazione dei singoli interventi, mentre il Tuscolano II, la cui progettazione urbanistica fu coordinata dagli architetti De Renzi e Muratori, ed il Tuscolano III, rappresentato dalle unità di abitazione orizzontaledi Adalberto Libera, nascono in un ambiente di sperimentazione architettonica più viva e aspirano all’omogeneità interna al neo quartiere.

Il terzo e ultimo intervento del Tuscolano, al confine con la zona archeologica dell’acquedotto Claudio e la linea ferroviaria Roma-Cassino, è costituito dall’unità di abitazione orizzontale, il cui progetto fu realizzato tra il 1953 e il 1954 dall’architetto Adalberto Libera, dirigente fino al 1952 dell’Ufficio progetti INA Casa e autore di diversi opuscoli con le linee guida per una progettazione ottimale degli insediamenti.
Il lotto trapezoidale venne sistemato all’interno secondo una propria trama geometrica in cui l’elemento di connessione con la città è costituito da un leggero arco d’ingresso: una finta volta sottile in cemento armato, interrompendo la stecca dei negozi e servizi, crea una soglia tra spazio urbano esterno e spazio comune interno, da cui si diramano i percorsi pedonali che permettono di raggiungere le singole abitazioni.

L’idea ispiratrice del progetto raggiunse l’architetto dopo un viaggio in Marocco nel 1951, durante il quale Libera rimase colpito dalle abitazioni della casba incastrate e integrate tra loro, tanto che inviò una cartolina al presidente del Consiglio Direttivo Arnaldo Foschini, in cui era riportata una vista su una distesa di case basse della Medina e sul cui retro Libera scrisse “Ecco l’INA-CASBA”. Il clima, il modo di vivere, l’equilibrio tra intimità privata e spazi di aggregazione sociale sono la logica ed il fine progettuale, e la casa, a corte interna, è il modulo compositivo dell’unità di abitazione nel quartiere.

Tutto il complesso è recintato verso l’esterno da un compatto muro rivestito in opera poligonale di tufo, il cui unico accesso è segnato dal grande arco cementizio a doppia inclinazione e che corrisponde ad un unico civico di Via Selinunte, il 49.La volta appare quasi sospesa nel vuoto per l’arretramento degli appoggi rispetto alle linee di imposta.
L’intero sistema ospita 200 alloggi, per un totale di circa un migliaio di abitanti con una densità di 250 abitanti per ettaro, in due distinte tipologie architettoniche: le case a patio e le case a ballatoio.L’impianto planimetrico risulta ordinato e serialmente composto. L’unico elemento distintivo è l’edificio a ballatoio su pilastri che emerge in altezza con i suoi tre piani e rompe la sequenza ordinata della composizione planimetrica, dominando sulla piastra traforata sottostante.
Il modulo è la casa a patio costituita da 4 alloggi a L con patio centrale per 4, 6 o 8 persone; 3 hanno i patii tra loro contigui, mentre la quarta, per ottenere la stessa esposizione al soleggiamento, è ribaltata. Ordinate perpendicolarmente ai limiti dell’area le case sono servite da stradine pedonali, attrezzate per il riposo, che riequilibrano gli scarti della maglia compositiva e conducono allo spazio verde centrale. Ogni stradina, larga 2,70 m, è di servizio a dieci alloggi ed è scandita da pensiline. La copertura degli alloggi è leggermente inclinata con la pendenza rivolta verso il patio.
L’edificio a ballatoio contiene invece trenta piccoli appartamenti, di cui ventotto composti di una camera e servizi e due composti da due camere; l’edificio, detto “degli scapoli” o “per persone sole” era stato pensato per gli uomini soli o le coppie senza figli. Si eleva su tre piani su pilastri a sezione rettangolare che costituiscono l’ossatura strutturale. Il corpo scala, indipendente dalla struttura portante, divide in modo asimmetrico l’edificio in facciata e dà accesso ai ballatoi posti a un livello più basso rispetto all’ingresso agli alloggi, accorpati per i servizi a due a due e ognuno di circa 45 mq.La struttura, ancorché molto economica, non è priva di raffinati dettagli formali.Il ballatoio di distribuzione degli alloggi non è solo spazio connettivo, ma è pensato anche come luogo di incontro e di socialità. La copertura è costituita da una doppia inclinazione delle falde a sbalzo.
L’intero complesso è caratterizzato da una dichiarata dimensione sociale: le strade pedonali e gli spazi comuni sono attrezzate con panchine, pensiline aggettanti, aiuole verdi e fontane per incoraggiare le relazioni sociali.
L’architetto colse l’occasione per sviluppare un’alternativa moderna al concetto di abitazione popolare maturato fra le due guerre suggerendo, una soluzione che rimandasse esplicitamente alla tradizione mediterranea e che identificava dunque nell’abitazione bassa l’elemento chiave e innovatore per l’edilizia pubblica.

http://architetturecontemporanee.beniculturali.it/architetture/architettura_dettaglio_per.php?idArchitettura=%2021588#prettyPhoto
https://www.atlantearchitetture.beniculturali.it/unita-di-abitazione-orizzontale-tuscolano-iii/

 

Il progetto “Quadraro: la Q di Roma” di Architettura Senza Frontiere Onlus Lazio si svolge, dal 24 settembre al 31 ottobre 2020, all’interno del Festival CHANGE, Architecture, Cities, Life promosso da Open City Roma, Ordine degli Architetti di Roma e Provincia e MAXXI – Museo nazionale delle arti del XXI secolo, vincitore del bando “Festival dell’Architettura” promosso dalla Direzione Generale Creatività Contemporanea del MIBACT.

www.changefestival.it

Maggiori informazioni sul progetto Quadraro: La Q di Roma

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